Zingaresca

Fra i pioppi, mentre sorge alta la luna,
al tardo passo de i cavalli stanchi,
l’errante casa va de i saltimbanchi,
inseguendo l’ignoto e la fortuna.

V’è un lumicino ad una finestrella,
e guizza e trema ne l’incerto andare;
presso il lume, il suo pargolo a cullare,
canta una donna con fioca favella;

limpida e triste, di dolcezza piena,
    di lacrime e d’amor,
ai pioppi de la via la cantilena
    tesse i suoi fili d’or.

«Dormi a l’ombra de’ miei lunghi capelli,
de’ miei lunghi capelli zingareschi,
piccolo bimbo tutto mio, da i freschi
labbri e da gli occhi regalmente belli:

quando tramonterà la luna chiara
sul fiume, al primo impallidir de l’alba,
sostando fra le siepi di vitalba
saluteremo la stella boara;

respirerem la brezza vagabonda
    che avviva fiore e stel;
liberi come barca sopra l’onda,
    allodola pel ciel!...

Di questi cenci non aver paura,
non temer quando sibila il rovaio,
o la neve implacabile, a gennaio,
ci blocca su le vie. La vita è dura.

Meglio liberi andar con freddo e fame
che infrangerci a le sbarre de la legge.
Questa che tutto afferra e tutto regge
pesando come cupola di rame

su i ricchi schiavi ai quali è scudo e cella,
    si chiama civiltà.
Piccoli schiavi de la vita bella,
    voi ci fate pietà!...

Dormi. — T’avvolge la mia chioma nera,
ombra di sogno e sfavillio di spada.
Dormi, o nato su l’orlo d’una strada,
senza dolore, un giorno di bufera.

Io t’ho create vertebre di belva,
occhi di falco ed anima di sole.
La magnifica terra a sé ti vuole
co’ suoi effluvii di solco e di selva;

quel ch’io t’ho dato è sangue rutilante
    di razza imperial
che de la piena libertà vagante
    sa il fascino immortal!...»

Va e va per la tacita pianura
come un fantasma al raggio de la luna,
inseguendo l’ignoto e la fortuna
il carro zingaresco, a la ventura.

Va e va. — Ma gorgheggiano le smorte
labbra di lei che stringe il bimbo al core
la canzone più forte del dolore,
più forte del martirio e de la morte;

ebra di spazio e di malinconia,
    ai rami, ai nidi, ai fior
l’indomita selvaggia rapsodia
    tesse i suoi fili d’or....

Tratta dalla raccolta: 
Maternità
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5