Sulla breccia

Passan, compatti, tragici, severi,
colla testa scoperta.
La cassa dell’estinto è ricoperta
di lunghi veli fluttuanti e neri.

Un pensoso dolor fra ruga e ruga
su le fronti s’incide.
Su loro invan da l’alto il ciel sorride;
sgorga tacito il pianto, e niun l’asciuga.

Fra le travi inchiodate egli riposa,
rattratto e sfracellato.
Lavorava sul tetto; e s’è spaccato,
cadendo, il capo su la via sassosa.

Pieno di speme e di gagliarda vita,
bello come un Titano,
cadde. — Or la fredda e raggrinzata mano
stringe il cor d’una vedova sfinita;

E via lo porta nei recessi austeri
del sonno e dell’oblio. —
Sotto il dito terribile d’un Dio
passan, compatti, tragici, severi;

E pensano. — O destin!... Com’egli è morto
forse anch’essi morranno.
Il bracciante è soldato; essi lo sanno. —
Gonfiasi il petto, e il volto si fa smorto.

Erculei sono e coraggiosi, ed hanno
ai lor sogni una meta,
una famiglia e una casetta lieta,
e forse, sul lavor, doman cadranno

da un tetto, nel fragor d’un opificio,
sotto un crollo di vôlta;
ma il grido di chi muor nessuno ascolta,
niun comprende il supremo sacrificio.

Sorgono i vivi al posto degli estinti:
sul lutto è la speranza:
sconfinato è l’esercito che avanza,
serenamente calpestando i vinti:

e come corron su le fosse mute
i bambini festanti,
vanno le turbe, ignare e rimugghianti,
sui resti de le vittime cadute.

Tratta dalla raccolta: 
Fatalità
Numero d'ordine: 
13