Per la morte d’un giovane

Colui che muore a’ suoi vent’anni, solo
data avendo di sé cara promessa,
e immacolate forze ancora in boccio
abbandona alla notte, Iddio non vuole
manchi al fiorir che l’attendeva in terra;
e ad altra messe quel fiorir conduce.
O padre, o madre: non versate il pianto
d’addio. V’è un corpo, sì, dentro la fossa,
da voi cresciuto; e in mille dolci modi
blandito; e invano, d’ora in ora, all’ombra
conteso. V’è una pura anima, sciolta
dal corpo. Ma quei sogni, e quella fede
nell’esistenza, e quell’assiduo sforzo
del prepararsi all’avvenire, e quella
primavera d’amore a cose ed uomini
offerta, Iddio li salva; e ne fa dono
maraviglioso ai giovani, prescelti
dalla natura a lunga età feconda.
Vostri figli essi tutti, o padre, o madre:
ché in ciascuno respira un po’ di lui
vivente. E all’uno egli cantar fa in seno
lieta speranza. in seno all’altro annienta
odio che striscia: e questi incita, e quelli
riplasma: chi patisce, a ben soffrire
conforta: a chi combatte arma il coraggio:
a chi sogna la gloria arma l’ingegno:
per vie di carità, per vie di luce
e di grandezza a voi ritorna il figlio.

O padre, o madre, a voi ritorna. Morte
a vent’anni è ancor vita: è, più che vita,
prodigio: ad esso guardi, in esso il vostro
cuore per alta volontà si plachi.

Tratta dalla raccolta: 
Vespertina
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21