Funerale durante lo sciopero

Carro povero e nudo e senza un fiore
    che lentamente porti
il feretro del vecchio muratore
    a la casa de i morti,

come un carro di re verso il riposo
    che non ha fine, vai:
il corteo che ti segue è glorioso
    come niun altro mai.

Son diecimila e pur sembrano un solo,
    calmi, quasi sereni.
Unica e grande sul compatto stuolo
    par che un’idea baleni;

e nel ritmico passo e ne l’uguale
    respiro e ne le assorte
fronti parli e s’affermi, alta sul male,
    sul pianto e su la morte.

«O camerata, che ne l’aspro e degno
    conflitto eri con noi,
e moristi, sperando, in questo segno,
    fra le braccia de’ tuoi;

volgiti indietro, e guarda. Eccoci tutti
    a le tue pompe estreme.
Quel giorno solo noi verrem distrutti
    che non saremo insieme.

Sappiamo ormai che, in nostra fede avvinti,
    rinnoveremo il mondo.
Son retaggio de i deboli e de i vinti
    il gesto furibondo,

il cieco sasso, de gli incendii il lume
    sanguigno, e il pazzo urlare.
Noi siamo il grande e maestoso fiume
    che volge il corso al mare;

il ghiacciaio noi siam bianco e silente
    che leva al ciel la fronte,
e a poco a poco, inesorabilmente,
    spacca e sommuove il monte.

L’ultimo aiuto e la speranza estrema
    perduta avrem dimane.
Non tener, camerata. Il cor non trema
    se pur ci manca il pane.

Oh, come lungi ancor le radiose
    battaglie del lavoro,
fra canti di fanciulli e aulir di rose
    sboccianti a l’albe d’oro!...

Quante vittime ancor lungo la via
    irta di sassi e spine,
ne la guerra inugual, ne l’agonia
    tremenda e senza fine

de la fatica che non ha conforto,
    de la scarsa mercede,
del duro pane!... O camerata morto,
    dormi, ne la tua fede.

Siam diecimila in torno a la tua cassa,
    doman sarem milioni.
L’ira nostra non è turbin che passa
    denso di lampi e tuoni:

è l’avanzar compatto ed incessante
    fra torbidi perigli,
non per noi, non per noi, ma per le sante
    gioie de’ nostri figli:

è il batter senza tregua coi pesanti
    martelli il duro masso,
a poco a poco disgregando, ansanti,
    le vertebre del sasso:

nostra fede portar come un bel fiore
    su l’elsa d’una spada:
stringer le file se un fratel ci muore,
    e seguitar la strada»

Tratta dalla raccolta: 
Maternità
Numero d'ordine: 
18