Panico

Paura della vita, a tradimento
or su me piombi, e il tuo nodo scorsoio
mi getti al collo; ed in me stessa io muoio
senza morire, diaccia di spavento.

Ed i giorni e le notti che verranno
m’appaion come maschere impenetra-
bili; e con peso di massiccia pietra
l’ieri e l’oggi sul cuor lividi stanno.

Da coloro che un dì chiamai fratelli
sì lontana mi sento, che a soccorso
non grido: non udrebbero: ahimè!... corso
troppo ho dinanzi a lor, con piè ribelli.

Ciò che fu non è più — ciò ch’è presente
non vale — sul futuro c’è una porta
chiusa, di bronzo. — Io son fra quella porta
e il mio terrore. — Io son quasi demente.

Pure conviene attender l’alba, attendere
con piè fermo, con fisso occhio, il ritorno
del sole. E il sol guardare, e il chiaro giorno
godere, come un fior — senza comprendere.

Tratta dalla raccolta: 
Esilio
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9