Fanciullo

Irrequïeto, scarno, adolescente:
nato da un fabbro e da una tessitrice:
fior di plebe cresciuto a la severa
    ombra d’una motrice:

scalzo, in blusa stracciata e collo ignudo
era bello nei fieri occhi selvaggi.
Irrideva col fischio del monello
    ai lucidi ingranaggi:

genio infantil perduto in un inferno,
correa fra casse e sbarre audacemente,
e ogni cinghia parea che l’afferrasse
    qual spira di serpente;

ed ogni morsa lacerar parea
volesse le sue carni a brano a brano,
ed ogni uncino conficcar la punta
    in quell’esile mano.

Pur, tra il buio, il periglio e la minaccia,
vittorïoso e bello egli passava:
fra le turpi bestemmie e l’ignominia,
    innocente, passava.

Quando, a tramonto, una pesante calma
il lanificio torbido invadea,
e una stanchezza senza nome i petti
    de le donne opprimea,

quando, lividi in viso, i tessitori
finivan l’opre senza una parola,
trillava fra le macchine pulsanti
    una voce, una sola:

egli cantava!... del severo loco
egli, alato ed indomito folletto,
colle mani a la spola, un inno in bocca,
    e la tisi nel petto.

.... A poco a poco indebolì. — Funesta
è pei fanciulli l’aria greve e scarsa
che corrotti miasmi e polve infiltra
    ne la gola riarsa.

.... A poco a poco s’accasciò. — Funesta
è pei fanciulli la fatica: — irosa
preme sui corpi e ne risucchia il sangue
    senza pietà né posa.

Ai piè de la motrice che ruggìa
da disperata, ei cadde un dì, svenuto
lo portarono via due forti braccia,
    Oh, così inerte e muto!...

E la motrice continuò, nel buio,
il suo rombo terribile ed alterno —
Pareva stanca. — In quel fragor tremava
    un singhiozzo materno.

.... In fondo alla corsia v’è un letto bianco:
vi posa un volto dolce di pallore.
Il folletto gentil de l’officina
    in quel lettuccio muore.

Muore di tisi — gli dilania il petto
tosse implacata, e il corpo è già spettrale.
Crebbe nel chiuso orror d’un opificio:
    finisce a l’ospedale.

.... Datemi sole dunque, un po’ di sole
per questo bimbo che nol vide mai,
che mai non bevve il gaudio de la vita
    ne’ suoi torridi rai!...

Datemi libertà: l’allegra, sana,
garrula libertà de la foresta,
per questo bimbo che non seppe giochi,
    che non conobbe festa!...

Datemi l’aria, l’aria!... avean bisogno
d’aria questi polmoni egri e corrosi!
Chi gli negò la luce, i campi verdi,
    i sogni luminosi,

i fiori, i nidi, le corse a l’aperto,
de l’aurea fanciullezza il folle riso?...
chi l’uom temprato a le titanie lotte
    in questo bimbo ha ucciso?...

.... Silenzio. — Passa il brivido dell’ombra
per la crociera. — Nel lettuccio bianco
giaccion le membra immobili, tranquille.
    Silenzio.... — egli è sì stanco!...

Geme: trasale. — Sogna forse i rombi
sinistri de le macchine: i rotanti
cilindri: il volo rapido e gagliardo
    de le cinghie giganti:

e, spaventate, l’ossa moribonde
ricordan l’opra antica e dolorosa.
Fanciullo, non temer — troppo hai sofferto,
    or finisti. — Riposa. —

Tratta dalla raccolta: 
Tempeste
Numero d'ordine: 
30