Parole a mia figlia

Figlia , che ridi ai figli tuoi: se penso
al tempo in cui, per nascere, me tutta
rompesti, e tale fu il dolor che forse
meglio la morte, e tale fu la gioia
che nulla essere può gioia più grande,
lontanissimo ormai sembra quel tempo,
e più di sogno che di verità.
Se penso che tu sei vita vivente
di mia vita vivente, e che m' illusi
dentro l' anima tua fissar l' impronta
di me stessa, conosco il vano errore:
so ch' io son io, che tu sei tu; diverse:
e innanzi a questa umana legge, antica
come la terra che ci nutre, piego.
Pure, cessato io non ho mai d’averti
fra le mie braccia, ad onta del fuggire
degli anni: di cullarti sui ginocchi,
d’accompagnarti per la mano; e tu
così farai co’ tuoi fanciulli, e un giorno
soffrirai com' io soffro, in te frenando
la sofferenza: in te dicendo : «è giusto.»

Nel caro aspetto, dal fiorito aprile
poco mutasti. È la malia canora
di quella voce, sempre. È quella grazia strana
che solo nell’ardor si fa bellezza
come il ramo che brucia si trasforma
in mutevole fiamma. Sono gli occhi
d’allora, in cui mi perdo: occhi di schiava
regina, occhi d’amore. E sei tu forse
viva per altro? O ricco sangue uscito
dal mio, non sei che amore, desiderio
d' amor, pena d' amore. Or le supreme
verità della vita io dire posso
a te, tu a me: sebben del tuo segreto
cuore non tutto tu mi scopra, forse
perché non pianga; e innanzi a quel geloso
silenzio io sto come alla porta un povero
che mendicar vorrebbe e non s' attenta.
Rotto è il cordone di pulsante carne
fra genitrice e generata: forte
la tenerezza, ma più forte il laccio
che ciascun lega al suo destino: amara
condanna di materna solitudine
che te pur colpirà.

Ma non importa
il patimento, o creatura nata
per la fatica di creare. Importa
essere madre, far del sangue nostro
altro sangue, altra forza, altro pensiero
che noi tramandi e sé  tramandi: eterne
nell'unità degli esseri e del tempo,
se pur  si scenda nella tomba sole.

Tratta dalla raccolta: 
Il dono
Numero d'ordine: 
24