Ritorno a Motta Visconti

Ella dintorno si guardò, tremando,
e riconobbe la selvaggia e strana
terra che a fiume si dirompe e frana
entro l’acque, che fuggon mormorando.
Il guado antico riconobbe e il prato
e le foreste, azzurre in lontananza
sotto il pallor de i cieli:
e il passato di lotta e di speranza,
il suo ribelle e splendido passato
ricomparve, senz’ombra e senza veli.
Piegavano gli steli
intorno, ed ella respirava il vento:
vento di libertà, di giovinezza,
soffio di primavere
sepolte, belle come messaggere
di gloria, piene d’ali e di bufere
violente e d’immemore dolcezza!...

Ora, silenzio. — Un battere di remi,
solitario, nel fiume: un lontanare
di cantilene lungo l’acque chiare,
e nel suo petto il cozzo de’ supremi
rimpianti. — Oh, prega, anima che t’infrangi
a l’onda de i ricordi, travolgente
come tempesta a notte:
anima stanca in vene quasi spente,
così giovane ancora, oh, piangi, piangi
con tutte le tue lacrime dirotte
qui dove i sogni a frotte
ti sorrisero un giorno!... Ora è finita. —
.... E strinse fra le mani il capo bruno:
a lei da la profonda
coscienza, com’onda chiama l’onda
nel plenilunio a fior de l’alta sponda,
salivano i ricordi ad uno ad uno.

E rivide la vergine ventenne
con la fronte segnata dal destino
sfiorar diritta il ripido cammino,
baldo aquilotto da le ferme penne.
La nuda stanza fulgida di larve
rivide, e il letto da le insonnie piene
di cantici irrompenti;
ed il sangue gittato da le vene
robuste, il sangue di veder le parve,
ne la febbre de l’arte su gli ardenti
ritmi a fiotti, a torrenti
gittato — E i versi andarono pel mondo,
da la potenza del dolor sospinti;
e parvero campane
a martello; e le case senza pane
e senza fuoco e la miseria inane
dissero, e l’agonie torve de i vinti.

Ma la vinta or sei tu, che de la morte
senti, a trent’anni, il brivido ne l’ossa,
e ben altro aspettavi da la rossa
tua giovinezza così salda e forte!...
Tutto dunque fu vano?... e così fugge
oscuramente dal tuo cor la vita,
dal cerebro il fervore
de i ritmi, come sabbia fra le dita?...
Ah, niun guarisce il mal che ti distrugge!...
.... Pur de le sacre tue viscere il fiore,
la bimba del tuo amore
torna da i boschi, carica di rose.
Essa che porta la divina fiamma
del sogno tuo ne gli occhi,
lascia cader le rose a’ tuoi ginocchi,
e dice, e par che l’anima trabocchi
ne la sua voce: «Perché piangi, mamma?...»

Tratta dalla raccolta: 
Maternità
Numero d'ordine: 
13